Pensiero serale 04-03-2025

Sappiamo che nei giorni feriali (del Tempo Ordinario) c’è la lettura continua sia nella Prima Lettura sia nel Vangelo, quindi tra i due brani non è “previsto” alcun collegamento. Ciò nonostante, padre Vanhoye, nel commento che oggi vi offro, mostra molto sapientemente il nesso che unisce i due brani (Sir 35,1-15 e Mc 10, 28-31).«Nella prima lettura troviamo una catechesi completa sui sacrifici. Ovviamente, nell’Antico Testamento, quando si parla di sacrifici, si pensa subito all’immolazione di animali, e il Siracide ricorda al pio israelita di non trascurare le oblazioni prescritte dalla Legge e di fare le proprie offerte con animo generoso e lieto: “Non essere avaro nelle primizie delle tue mani. In ogni offerta mostra lieto il tuo volto, con gioia consacra la tua decima”.Ma l’autore mostra anche che la condotta personale è più importante dell’immolazione delle vittime, e cosi prepara già il Nuovo Testamento: “Chi osserva la legge vale quanto molte offerte, chi adempie i comandamenti offre un sacrificio che salva. […] Chi pratica l’elemosina fa sacrifici di lode”. Non soltanto ciò che facciamo per Dio, ma anche il bene che facciamo al prossimo costituisce un vero sacrificio: praticare l’elemosina equivale a offrire a Dio un sacrificio di lode. Nella Lettera agli Ebrei l’autore dice: “Non dimenticatevi della beneficenza e della comunione dei beni, perché di tali sacrifici il Signore si compiace” (Eb 13,16).Il Siracide insiste poi sulla generosità di Dio: “Da” all’Altissimo secondo il dono da lui ricevuto, e con occhio contento, secondo la tua possibilità, perché il Signore è uno che ripaga e ti restituirà sette volte tanto”. È chiaro che non dobbiamo offrire sacrifici con animo interessato, compiendo così un atto di egoismo e non di omaggio a Dio. Ma dobbiamo essere anche certi che il Signore è più generoso di noi e ci ricompenserà largamente; e questa certezza ci aiuta a essere generosi con gli altri.Nel Vangelo Gesù ribadisce la stessa idea del Siracide, ma non parla di “sette volte tanto”, bensì di “cento volte tanto”. Afferma: “In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà”. Cosi Gesù ci mette nel giusto atteggiamento. È una falsa pretesa quella di dare a Dio qualcosa senza voler ricevere niente da lui, perché in realtà è Dio che dona per primo, ed è ancora lui che alla fine darà in sovrabbondanza. Noi siamo, per così dire, come specchio della generosità divina: ciò che abbiamo ricevuto lo possiamo donare agli altri, per ricevere ancora di più.Questa è la dinamica che si verifica anche nella Messa. Nella presentazione delle offerte diciamo a Dio: “Ti presentiamo questi doni che abbiamo ricevuto dalle tue mani. Tu ci hai donato questo pane e questo vino, e noi li ridiamo a te con umile generosità, perché tu ci dia ancora di più, cioè ci dia non soltanto un pane materiale, ma un Pane di vita; non soltanto il vino frutto della vite, ma il vino del regno eterno”.Questa è la dinamica che si verifica anche nella nostra vita, e che deve suscitare in noi sempre una grande gioia. Noi infatti siamo oggetto della generosità divina, che ci dà i suoi doni, affinché anche noi possiamo dare agli altri, e poi ricevere doni ancora maggiori da Dio» (VANHOYE ALBERT, Il pane quotidiano della Parola, volume II – Tempo ordinario/1, Edizioni AdP, Roma 2015, pp. 144-145).È un tema molto importante, perché ci aiuta a intendere correttamente il vero senso e l’autentico scopo della liturgia. Il biblista ci aiuta a capire che o viviamo in modo armonico le due dimensioni (verticale/orizzontale) della carità o l’essere discepoli di Gesù si riduce a una “recita” (più o meno ciò che Gesù rimproverava ai farisei). Per ulteriori approfondimenti vi segnalo il Manuale, cap. II, §10.6.