Il commento di don Fabio al Vangelo di questa domenica (Gv 2,1-11) è così ricco che voglio aggiungere solo poche parole.
«Le nozze di Cana sono una festa che prende una brutta piega: inizia a mancare il colore, il sapore, il profumo e l’allegria del vino. È un banchetto che sta diventando scialbo, privo di sostanza e di qualità.
Tale è spesso la gioia dell’uomo: labile, fragile. Queste nozze diventate insipide sono un’immagine dell’intera condizione umana, ed è qui che Cristo può iniziare i suoi segni, come dice l’evangelista Giovanni, proprio in questo matrimonio vulnerabile e compromesso.
Questo sposalizio in realtà è analogo alle prime nozze della creazione, quelle di Adamo ed Eva, che iniziate splendidamente diventano amare per il peccato. È questa l’eredità che i progenitori ci lasciano.
L’uomo si è spesso adattato a questa incompletezza ed ha imparato a tirare a campare scimmiottando la felicità con ebbrezze fittizie e senza durata. Ma il vino che l’umanità si procura da sé stessa continua a finire, generazione dopo generazione, illusione dopo illusione, moda dopo moda.
Quando finisce questa condanna? Quando compare una Donna che ha il coraggio di chiamare per nome le cose e dire: il vino non c’è.
Maria, sede della sapienza, legge bene la situazione, e manifesta, con la sua prima frase, quella verità che apre le porte alla grazia se viene accettata: non abbiamo vino, ci manca qualcosa.
In genere a un uomo si può annunziare Cristo solo quando ammette di non avere più sapore, di aver perso il vino. Molti preferiscono schiattare piuttosto che ammettere di essere arrivati al capolinea e di non avere più carte da giocare…
Ma se qualcuno vuole ascoltare la sapienza di questa Donna meravigliosa, ecco che Lei si prepara a dire la sua seconda frase – e va notato che nelle due frasi si giocano tutte le parole che Lei pronuncerà nel Vangelo di Giovanni, ma quello che portano con sé basta e avanza.
Se quindi accettiamo le sue prime parole, possiamo lasciarci dire le altre: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela!”. Questa è la sapienza che Costei ha da regalare. É quel che ha fatto Lei: ha detto “sì” a quel che le diceva Dio.
Ci sarà qualcuno così semplice ed umile da seguire il suo consiglio? Sì, c’è! Ci sono i servi, e dopo di loro ci sarà la Chiesa, ed in essa tanti cristiani che, generazione dopo generazione, hanno provato a fare quel che Cristo diceva loro.
Tanti uomini e donne hanno accolto quel che il Signore chiedeva loro, e hanno visto l’acqua diventare vino. Hanno mostrato che la nostra povera natura umana può essere trasfigurata nella vita dei figli di Dio.
È impressionante vedere il potere di Cristo che dà sapore a quell’acqua, ma è quasi più emozionante vedere che il segno non lo fa Lui direttamente, ma lo fa fare ai servi. Sono infatti loro che versano acqua e poi la portano mentre diventa vino. Le mani degli uomini, cosi impotenti, possono operare i segni di Cristo.
Ma perché ciò accada bisogna ricordare le due affermazioni di Maria: noi non abbiamo vino, e vale la pena di fare quel che Cristo ci dice.
È così che la nostra festa diventa saporita» (ROSINI FABIO, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico C, San Paolo, Cinisello Balsamo 2024, pp. 55-57).
È bene che ognuno legga più volte questo brano del Vangelo e anche il commento di don Fabio. Penso che sia bene collegarci con la fine del pensiero di ieri: “Accettami come sono”.
Se ho capito qualcosa dello scopo della venuta di Gesù sulla terra, penso che Egli non sia venuto a lasciarci come siamo (la sua sarebbe stata davvero una fatica sprecata!), ma bisogna vedere cosa dice don Fabio in riferimento alla natura “trasfigurata”. L’acqua trasformata in vino vuole essere il segno di una certa trasformazione che Egli desidera operare nei nostri cuori, nelle nostre famiglie…
Se voglio sapere a che punto sto nel mio cammino cristiano, devo confrontarmi con l’ultima frase pronunciata dalla Vergine Maria e riportata nei quattro Vangeli. Dopo questa frase non ci sarà più nei Vangeli nessun’altra frase pronunciata dalla Madonna: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela!”. Com’è il mio rapporto con la Parola di Dio? Se penso di essere fidanzato o sposo “cristiano” (il Vangelo di oggi ha al centro un matrimonio!), quanto tempo e quanta importanza nel cammino di coppia vengono dati alla meditazione della Parola di Dio: insieme marito-moglie, fidanzato-fidanzata? Come educhiamo e testimoniamo ai figli il primato della Parola e dell’Eucaristia? Come tutto questo incide nella nostra esistenza quotidiana?