Tutti magari con frequenza… variabile facciamo esperienza della paura. Come faccio spesso, vi propongo una riflessione, anzi una preghiera di un personaggio molto noto con l’introduzione di Maccioni.
«Aver paura è normale, fa parte della natura umana. Capita di temere le novità, le cose che non conosciamo, la fatica di non essere all’altezza di ciò che ci viene chiesto. Si tratta però di canalizzare le preoccupazioni, evitando che ci condizionino fino a paralizzarci. Ma anche senza giungere all’effetto estremo di non organizzare e decidere più niente la paura rischia di renderci amari, di farci notare soltanto il brutto e il nero delle situazioni. L’antidoto a questa condizione è costituito, per il credente, dalla preghiera, cui non si chiede tanto di risolvere i problemi ma di insegnare la sapienza, così da vedere il mondo com’è davvero, per affrontarlo nella maniera giusta, avvicinando, per quanto possibile, il nostro modo di pensare a quello del Signore. Ce lo insegna in questa preghiera il notissimo teologo protestante Karl Barth (1886-1968), che chiede appunto a Dio di esserci vicino soprattutto quando ci sentiamo a terra, impauriti e soli» (RICCARDO MACCIONI, La preghiera di chi ha paura, in Avvenire, 13 gennaio 2025).
Ecco la preghiera del teologo svizzero.
«Signore nostro Dio! Quando la paura ci prende, non lasciarci disperare! Quando siamo delusi, non lasciarci diventare amari! Quando siamo caduti, non lasciarci a terra! Quando non comprendiamo più niente e siamo allo stremo delle forze, non lasciarci perire! No, facci sentire la tua presenza e il tuo amore che hai promesso ai cuori umili e spezzati che hanno timore della tua parola. È verso tutti gli uomini che è venuto il tuo Figlio diletto, verso gli abbandonati: poiché lo siamo tutti, egli è nato in una stalla e morto sulla croce. Signore, destaci tutti e tienici svegli per riconoscerlo e confessarlo» (Karl Barth).
A me piace collegare la paura con la speranza. Posso capire a cosa tengo di più se so individuare che cosa spero e di cosa ho paura. La mia massima paura è avere problemi di salute? O di non trovare lavoro (o di perderlo)? O di non essere stimato dalle persone o di non avere denaro a sufficienza? Oppure tremo pensando ai problemi legati alle guerre e ai disastri ecologici? Cosa desidero davvero? Di cosa ho soprattutto paura? E in tutto questo che spazio occupa la mia fede? Ho le idee chiare sulla differenza tra timore e paura? Per esempio, so che siccome Dio è con noi (Emmanuele), possiamo e dobbiamo vincere la paura (pensiamo ai martiri e al dono della fortezza), ma è salutare coltivare il santo timor di Dio (dono dello Spirito Santo)?
Chi ha la gioia (?) di ascoltare spesso le mie omelie, sa che quasi ogni sera tratto la tragedia degli “single sposati”, cioè di persone sposate a livello “burocratico”, ma che non vivono davvero un bel matrimonio (né come dialogo né come preghiera né come apostolato). Ebbene, io credo che tra coniugi si dovrebbe dialogare su quelle che sono le delusioni, le paure, le speranze, le aspirazioni…, altrimenti in breve tempo la coppia è ridotta alla fredda e triste convivenza fra due estranei.