Stasera vi propongo di meditare il commento di don Fabio al Vangelo della festa del Battesimo di Gesù.
«Il racconto di Luca del Battesimo di Gesù parte da un pensiero del cuore da parte del popolo in attesa: forse Giovanni Battista è il Messia? Uno come il Battista quadra con gli schemi umani: una persona seria, coerente ed esigente, che sa richiamare le coscienze distratte; uno che sa rimproverare. Ma lui risponde: io sono solo acqua, deve arrivare lo Spirito di Dio, il suo fuoco. Un altro paio di maniche.
E che sarà mai? Sarà un dono più grande delle attese: il cuore degli uomini non arriva a pensare che Dio regali la cosa a cui tiene di più. Come scoprire che qualcuno ci ha donato quello che gli sta a cuore più di qualsiasi altra cosa. Capiamo chi siamo agli occhi di quella persona, scopriamo di contare tanto per costui- se mai una cosa simile ci è successa.
Dio non sta dicendo o chiedendo qualcosa, ma ha aperto lo scrigno e ha regalato la cosa più bella per Lui, il motivo della sua gioia. “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”.
E così scopriamo anche che esiste un “compiacimento” di Dio, e questo è uno sguardo oltre il velo dei segreti divini, dritti nella vita intima di Dio: ha un figlio che lo riempie di gioia.
È Padre – cosa tutt’altro che immediata per la mente umana – e soprattutto è tanto felice di esserlo.
Si potrebbe dire che questa è la festa della paternità di Dio.
In una intervista recente mi è stato chiesto cosa vorrei che fosse inciso nella scatola nera dell’umanità, se tutti gli altri messaggi andassero persi, in una frase che esprimesse ciò che veramente conta; ho risposto: Dio è nostro Padre.
Dubitare della sua paternità è la tragedia dell’umanità, ritrovarlo in Cristo è la nostra via d’uscita dall’autodistruzione e il fondamento dell’amore.
Questa rivelazione, Luca precisa, accade mentre Gesù è in preghiera.
Eravamo partiti dai pensieri del cuore da parte del popolo per poi avere uno squarcio di luce sul cuore di Dio Padre, e arriviamo al cuore della preghiera di Gesù, ascoltando quel che gli è detto in questa preghiera: il Padre parla direttamente a Lui dicendogli che è Figlio amato e fonte di gioia.
Ma lo sente pure il popolo, perché questo è destinato anche a noi, perché lo Spirito Santo che ora aleggia su di Lui, a noi sarà donato dopo la sua risurrezione.
Il nostro stesso Battesimo è illuminato da questa festa ed è il sigillo sacramentale che ci offre un’identità intessuta dei pensieri e dei sentimenti di Cristo.
Sapere di essere figli per il Padre celeste, e percepire la sua tenerezza è il contenuto esistenziale del Battesimo e il dono della preghiera. Questo è quel che c’è veramente da sapere di noi stessi e del prossimo, e da questo sentimento ogni solitudine può terminare e ogni paura può essere dissolta.
Abbiamo tutti bisogno che il Padre celeste ci invii il suo Spirito, che aleggi anche su di noi come nelle acque della creazione, per farci ricominciare mille volte dal suo affetto e avere il senso della preziosità della nostra vita, e l’importanza dell’esistenza di chi ci circonda» (ROSINI FABIO, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico C, San Paolo, Cinisello Balsamo 2024, pp. 50-52).
È evidente la tendenza di don Fabio e del 99% dei vescovi e dei sacerdoti del nostro tempo di porre sempre in secondo piano gli aspetti etici, per evidenziare l’amore e la misericordia di Dio nei nostri confronti. Esaltare l’amore paterno di Dio lo ritengo tanto bello quanto ambiguo e pericoloso. Penso che sia indispensabile confrontarsi anche con le esigenze etiche che scaturiscono da tanto Amore.
Don Fabio giustamente afferma la gravità del dubitare della paternità di Dio. È bene che ognuno si chieda: ho capito che il mio peccato, ogni mio peccato (soprattutto il mio rimanere in peccato) è espressione di tale ribellione alla paternità di Dio e che quindi io sono libero nella verità solo quando solo figlio obbediente?
Don Fabio afferma correttamente: “ogni solitudine può terminare e ogni paura può essere dissolta”. È bene che mi ponga questa semplice domanda: a che punto sto nel vincere ogni forma di paura e nel vivere la solitudine alla luce di Gaudium et spes n. 16 (i Padri Conciliari affermano che nella coscienza l’uomo è solo con Dio)?
Infine, se ci credo davvero che Dio è mio Padre, è bene che io tragga le dovute conseguenze da due frasi che vi propongo:
«Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio» (Rom 8, 14).
«Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi» (Lc 6,35).
Nelle mie azioni mi lascio davvero guidare da Dio? Le mie decisioni le prendo dopo aver invocato lo Spirito Santo? Sto progredendo nell’amore verso i nemici?