Tra le domande, che mi pongo spesso, c’è quella molto importante sul rapporto tra Natale e Pasqua. Siccome mi piace sempre andare contro corrente, sono portato ad accentuare l’importanza della Pasqua a scapito del Natale e mi fondo su san Paolo, che afferma: «Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati» (1 Cor 15, 17).
È bellissimo meditare sul Natale, ma se Gesù non fosse morto e risorto, la sua nascita sarebbe una bella condivisione con la nostra condizione umana, ma priva di efficacia salvifica. Questo ragionamento (basato sulla fede) presuppone ovviamente che ognuno si riconosca bisognoso di salvezza e che sia consapevole che non realizziamo la nostra vita, la nostra felicità con le nostre sole forze. Ciò ci porta a specificare bene il contenuto autenticamente cristiano della speranza. Tante persone non riescono giustamente a vivere senza la speranza, ma tutto sta a vedere se la loro è una speranza “laica”, solo umana (e quindi, in definitiva, infondata e come tale destinata a illudere e poi a deludere) oppure seriamente fondata. E l’unico fondamento è indicato in modo splendido ancora da san Paolo: «La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5).
Fatte queste premesse, io sono sempre felice quando leggo riflessioni che mi aiutano a meditare sul senso del Natale: perché è importante contemplare il Bambino di Betlemme non solo in vista del Calvario? Perciò ritengo opportuno proporvi la seconda parte dell’omelia di mercoledì scorso.
«Maria, la fanciulla di Nazaret, ci riconduce sempre al Mistero del Figlio suo, Gesù. Ella ci ricorda che Gesù viene nella carne e, perciò, il luogo privilegiato dove poterlo incontrare è anzitutto la nostra vita, la nostra fragile umanità, quella di chi ogni giorno ci passa accanto. E invocandola come Madre di Dio, affermiamo che il Cristo è stato generato dal Padre, ma è nato veramente dal grembo di una donna. Affermiamo che Egli è il Signore del tempo ma abita questo nostro tempo, anche questo nuovo anno, con la sua presenza d’amore. Affermiamo che Egli è il Salvatore del mondo, ma possiamo incontrarlo e dobbiamo cercarlo nel volto di ogni essere umano. E se Lui, che è il Figlio di Dio, si è fatto piccolo per essere preso in braccio da una mamma, per essere curato e allattato, allora vuol dire che ancora oggi Egli viene in tutti coloro che hanno bisogno della stessa cura: in ogni sorella e fratello che incontriamo e che ha bisogno di attenzione, di ascolto, di tenerezza. Questo nuovo anno che si apre, affidiamolo a Maria, Madre di Dio, perché anche noi impariamo come Lei a trovare la grandezza di Dio nella piccolezza della vita; perché impariamo a prenderci cura di ogni creatura nata da donna, anzitutto custodendo il dono prezioso della vita, come fa Maria: la vita nel grembo materno, quella dei bambini, quella di chi soffre, la vita dei poveri, la vita degli anziani, di chi è solo, di chi è morente» (FRANCESCO, Omelia 1-1-2025).
Ci sarebbe ancora molto da commentare, gioire, ringraziare, ma preferisco lasciare ciò al “lavoro” di ognuno di voi.