Stasera vi propongo di meditare il commento di don Fabio al I cap. del Vangelo secondo Giovanni, cioè al Prologo.
«Il Vangelo del giorno di Natale è il meraviglioso Prologo di San Giovanni, inno poetico che è la chiave interpretativa dell’intero quarto Vangelo.
Il testo parla del Verbo che era con Dio all’inizio ed è il mediatore di tutto. Ogni cosa è stata creata attraverso questo Verbo che è la luce di tutto ciò che esiste. Cosa è questo verbo? Come è facile che ciò suoni di astrazione…
Per il Natale, il versetto più importante del testo è certamente: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Il Verbo allora non è qualcosa da capire, visto che diventa carne! E non è qualcosa di distante da noi, ma viene a vivere in mezzo a noi.
Possiamo quindi focalizzare almeno tre cose: in primo luogo, è una persona, non una specie di idea; in secondo luogo non è solo presso Dio ma è anche carne umana come la nostra; in terzo luogo non dimora in qualche luogo lontano dall’umanità, ma in mezzo a noi. Tutto ciò indica che abbiamo la possibilità di incontrare questa persona concreta e contemplare la sua gloria.
San Giovanni dice “E noi abbiamo contemplato la sua gloria”; a cosa si riferisce? “Gloria” non indica una qualche spettacolarità, in ebraico la parola significa il peso o il valore reale di qualcosa. Infatti, si dice cosa hanno contemplato: “gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità”.
Il Natale annuncia che Dio è a portata di mano e si è fatto carne, certo, ma c’è ancora di più: se capisco la carne di Cristo, capisco la mia stessa carne. Se vedo la sua gloria, allora comincio a rendermi conto della rilevanza della mia vita. Se apprezzo la misura in cui Dio si è umiliato per me, ciò che fa per unirsi con me, allora comincio a comprendere chi sono. Quando lo vedo, conosco la mia dignità. L’incarnazione non parla unicamente della generosità di Dio, ma manifesta la preziosità della nostra esistenza, perché se colui che ha creato le galassie e il cosmo si è fatto carne per incontrarci, posso chiedermi: ma chi sono io da esser preso così tanto a cuore?
Rallegriamoci, quindi, che Dio si è fatto carne, ma ciò vuol dire anche che è importante avere un corpo, essere vivi!
E che ne possiamo fare di questa carne? Cosa è apparso nella sua carne per illuminare la nostra? In essa Lui ha mostrato la gloria di Figlio del Padre. La carne umana ha tale potenzialità: accogliere una vita da figli di Dio.
Noi siamo figli di tanto altro, della nostra cultura, delle nostre storie e tante volte quel che abita in noi è generato solo dalle nostre paure più profonde …Ecco la Gloria che appare nel giorno di Natale: vivere nella nostra fragile carne ma radicati in Dio, sorgendo dal suo amore di Padre. Questo è ciò che è venuto a portare il Signore Gesù. Questo è il nostro battesimo, in cui la sua esistenza ci viene donata.
È bello vivere guardando a noi stessi, al prossimo e al mondo partendo dalla certezza di essere amati, di essere preziosi come figli agli occhi del loro Padre. È un’esistenza nobile, limpida, pacificata» (ROSINI FABIO, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico C, San Paolo, Cinisello Balsamo 2024, pp. 36-38).
Le parole di san Giovanni non sono certamente facili e anche il commento di don Fabio è piuttosto impegnativo. Credo che entrambe le pagine (del Vangelo e di don Fabio) vadano meditate con calma, nel silenzio, magari unendole al desiderio di una bella Confessione. Io penso che la carne possa essere intesa come un problema. A causa della carne Dio ha sofferto in croce, noi ci ammaliamo, abbiamo vari limiti…e anche tentazioni; eppure Gesù ci ha mostrato il suo amore nella sua carne, ci ha salvato incarnandosi. Qualcuno 18 secoli fa ha detto: “caro cardo salutis”. Non posso non collegarmi a ciò che ho detto domenica scorsa. Solo se cogliamo il rapporto stretto che lega cristologia, antropologia ed etica, potremo vivere il Natale secondo verità e fedeltà. In altri termini, Gesù ha assunto la mia carne per redimerla. Dio nel Bambino di Betlemme assume la natura umana, si unisce a ogni uomo, per riparare sulla croce i peccati di ogni uomo. Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventi Dio. Dio ha amato l’uomo perché l’uomo abbia la luce e la forza per amare come Lui ci ha amati (cfr. Gv 13,34). Se tutto questo non passa nella vita quotidiana, nel modo di intendere e vivere la sessualità, l’affettività, la procreazione, il matrimonio, il saper perdonare, l’uso del denaro, avremo semplicemente una fede staccata dalla vita. Credo che sia la tragedia di molti cattolici (o che almeno pensano di essere tali); io penso sempre alla differenza oceanica tra i cattolici “per tradizione” e i cattolici “per convinzione”. Aggiungo: “per esperienza personale” (vi segnalo 1 Gv 1,1-3 e la “conversione” di san Paolo).