Stasera vi spedisco una riflessione di uno scrittore francese che io conosco da molti anni, in quanto grande amico di papa Montini. Come già altre volte c’è un’introduzione di Riccardo Maccioni.
«A Natale lo capiamo particolarmente bene: il dono più prezioso che possediamo, e che quindi possiamo regalare, è il tempo. Non a caso una delle sollecitazioni più diffuse contiene l’invito a non perderne. E un popolarissimo proverbio raccomanda: chi ha tempo non aspetti tempo. Significa che ogni momento della nostra vita è prezioso, va speso bene, nel segno preferibilmente della condivisione. Perché è preziosissimo il tempo che spendiamo con gli amici, anche senza fare niente. E quando teniamo davvero a una persona, malgrado doveri e impegni un momento per lei lo troviamo sempre. Nella vita dello spirito questo si traduce nel desiderio di stare con Dio, per provare a ragionare come Lui, accettandone la volontà malgrado possa essere lontana dai nostri desideri. Lo sottolinea con profondità e chiarezza il noto filosofo francese Jean Guitton (1901-1999), protagonista del Concilio Vaticano II dove fu primo uditore laico, grande amico di papa Montini, dalla cui vicinanza nacquero due libri: “Dialoghi con Paolo VI” e “Paolo VI segreto”. In questa preghiera Guitton sottolinea l’importanza di usare bene i giorni della nostra vita, chiede la sapienza di imparare ad amare il tempo» (RICCARDO MACCIONI, Lunedì dello spirito. Guitton e la preghiera sulla cura del tempo prezioso, in Avvenire, 9-12-2024).
Ecco ora la riflessione del filosofo francese.
«Dio mio, insegnami ad usare bene il tempo che tu mi dai e a impiegarlo bene, senza sciuparne. Insegnami a prevedere senza tormentarmi, insegnami a trarre profitto dagli errori passati, senza lasciarmi prendere dagli scrupoli. Insegnami ad immaginare l’avvenire senza disperarmi che non possa essere quale io l’immagino. Insegnami a piangere sulle mie colpe senza cadere nell’inquietudine. Insegnami ad agire senza fretta, e ad affrettarmi senza precipitazione. Insegnami ad unire la fretta alla lentezza, la serenità al fervore, lo zelo alla pace. Aiutami quando comincio, perché è proprio allora che io sono debole. Veglia sulla mia attenzione quando lavoro, e soprattutto riempi tu i vuoti delle mie opere. Fa’ che io ami il tempo che tanto assomiglia alla tua grazia perché esso porta tutte le opere alla loro fine e alla loro perfezione senza che noi abbiamo l’impressione di parteciparvi in qualche modo» (Jean Guitton).
A me pare che questo scritto di Guitton ci spinga soprattutto a essere persone equilibrate, che mirino a una maturazione integrale sul piano sia umano sia cristiano (io amo moltissimo il pensiero tomista secondo cui la Grazia, per operare bene, presuppone la natura e cerca di portarla a perfezione…).
Del resto, io credo che soprattutto la fine di un anno e l’inizio di un nuovo anno ci spinga a una seria verifica sull’uso del tempo.
Sul rapporto fra tempo e amore da oltre 45 anni torno spesso sulla seguente riflessione contenuta nella commedia pubblicata da Wojtyla, usando lo pseudonimo Jawien.
«Certe volte la vita umana sembra essere troppo corta per l’amore. Certe volte invece no ̶ l’amore umano sembra essere troppo corto per una lunga vita. O forse troppo superficiale. In ogni modo l’uomo ha a disposizione una esistenza e un amore ̶ come farne un insieme che abbia senso?» (ANDRZEJ JAWIEN – KAROL WOJTYLA, La bottega dell’orefice, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1979, pp. 81-82).
È un pensiero molto profondo. Spero che ognuno ci rifletta e lo sappia applicare alla propria vita.
“Vita umana troppo corta” si riferisce a quando una persona muore presto. “Amore troppo corto” significa la precarietà dell’amore umano: per esempio quando si giura amore eterno in Cristo nel sacramento e poi si vìola tale giuramento dimenticando che, quando ci si dona, il dono non si può “ritirare”. Ecco la differenza tra dono e prestito. Una cosa si può prestare, la persona no!