Pensiero serale 16-11-2024

Vi propongo il commento di don Fabio al Vangelo di questa domenica.

 

XXXIII domenica del Tempo Ordinario

Mc 13,24-32

 

«L’anno liturgico volge al termine e la liturgia ci regala una parte del capitolo 13 del Vangelo secondo Marco, dove si spazia dal parlare della fine dei tempi alla profezia sulla distruzione di Gerusalemme del 70 d.C. Ma qual è l’argomento? La fine di tutto o “solo” di Gerusalemme? Le lingue ebraico-aramaiche tendono alla “polisemia”. Vuol dire che una sola parola ha sempre tanti sensi – “poli”, molteplice; “semia”, significato.

Come mai questa pedante spiegazione? Perché il testo di questa domenica non può essere letto senza tener conto di questa caratteristica della mentalità semitica, e se descrive qualcosa di storico, in realtà include anche qualcosa di metastorico, la fine delle cose. E non solo – che è poi l’aspetto più importante.

Cosa dice della fine? Che è il tempo in cui il sole e la luna si oscurano e le stelle cadono dal firmamento. È il rovesciamento del quarto giorno della creazione, il crollo dell’ordine stabilito. Ma è in quel momento che il Figlio dell’uomo arriva, come una seconda creazione, ed è l’occasione in cui gli angeli vanno a radunare gli eletti.

La natura, che segnala i suoi cambiamenti di stagione, funge da paradigma: se per vedere che l’estate è vicina si guarda all’evoluzione dell’albero di fico, allora per capire che il Figlio dell’uomo sta arrivando bisogna guardare a quei segnali cosmici di sconvolgimento.

E poi c’è la più sibillina delle frasi: “Non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga” …e allora Gesù parlava solamente a quelli che lo ascoltavano?

Per chi è dunque questo discorso? Sia per la fine dei tempi, che per la distruzione di Gerusalemme del 70 d.C., ma anche per quelli che lo ascoltavano. Infatti, nella passione e morte di Cristo il sole si oscura e la creazione è sconvolta. E al terzo giorno il Figlio dell’uomo si mostra ai suoi risorto e inaugura una vita che non è secondo questo mondo, quella che il Battesimo offre.

Ma questo non è neanche solo per quella generazione: è anche per la nostra.

Perché succede proprio questo nella storia di ogni conversione autentica e nei salti di qualità della fede: le potenze celesti che non funzionano più sono i nostri punti di riferimento che crollano, quando il nostro pantheon personale ci delude e la luce in cui abbiamo confidato si rivela fasulla. Quello è il momento del Figlio dell’uomo.

Certe crisi personali sono molto più che benedette. Certe delusioni che abbattono le colonne della nostra esistenza sono una visita di Dio. Il giorno del Signore è quel momento in cui subiamo un azzeramento, e capiamo di vivere di stupidaggini. Una malattia lo fa, ti fa crollare il sole e le stelle. Un cambiamento repentino può relativizzare tutto. Allora il Figlio dell’uomo manda a cercare il nostro cuore, e setaccia i suoi eletti, cerca la verità che è in noi. E chi lo accoglie si scrolla di dosso tanta spazzatura.

In greco “crisis” vuol dire valutazione, discrimine, chiarimento, giudizio.

Benedette le crisi. In esse il Figlio dell’uomo ci viene a cercare» (ROSINI FABIO, Di Pasqua in Pasqua. Commenti al Vangelo domenicale dell’anno liturgico B, San Paolo, Cinisello Balsamo 2022, pp. 201-202).

 

Mi colpiscono due parole: “stupidaggini” e “spazzatura”. Spesso le persone possono deluderci. Forse è ancora peggio quando “non funzionano più […] i nostri punti di riferimento che crollano, quando il nostro pantheon personale ci delude e la luce in cui abbiamo confidato si rivela fasulla”. Ho mai fatto esperienza di Gesù che mi viene a cercare?

Vi invito a meditare Fil 3,7-8. Ve l’ho raccomandato già lo scorso 5 luglio.