Ieri vi ho proposto un testo e un video di don Giussani. Stasera vi spedisco ancora un testo del fondatore di “Comunione e liberazione” e il commento di monsignor Ravasi. Il tema è molto delicato, intenso e profondo: l’amicizia. Io sono certo che l’amicizia è tra le esperienze umane più alte, gioiose e soprattutto rare. Credo che pochi sappiano che la frase famosa: “Chi trova un amico trova un tesoro” è desunta dalla Bibbia. Vi esorto a leggere Sir 6,14-15. Inoltre, io diffido di ogni fidanzamento e matrimonio che non siano prima passati per l’esperienza alta e impegnativa di una santa amicizia.
Don Giussani propone una sintesi tra amicizia e obbedienza. Mi rendo conto che non è un discorso facile, ma forse ci può aiutare a renderci conto che l’amicizia non è una virtù, ma presuppone l’esercizio delle virtù (pensiero caro a due geni come Aristotele e san Tommaso d’Aquino), altrimenti è solo complicità nel male. Vi invito a meditare un testo stupendo: Gv 15,14-15. Ecco il testo del sacerdote milanese.
«L’amicizia è reciproca, implica un aiuto reciproco. Altrimenti non è più amicizia, e neanche compagnia; scade al livello puramente meccanico che è esattamente l’ideale dell’uomo di adesso … Siamo insieme perché vogliamo raggiungere il destino. Se io sono più grande di te perché ho già fatto un tratto di strada più lungo, allora tu dici: “Se io ti seguo, imparo più facilmente e con maggior certezza, perché tu hai già fatto la strada”. Questa è l’obbedienza: seguire chi ti aiuta a camminare verso il destino» (GIUSSANI LUIGI, «Tu» o dell’amicizia, 1997).
Ecco il commento di Ravasi. Tra l’altro, ci aiuta a intendere bene il termine “destino”.
«Nel 2005 moriva a Milano don Giussani, il fondatore di Comunione e Liberazione. Lo ricordiamo con una sua intensa testimonianza, dal tono quasi colloquiale, desunta dal volume. Essa intreccia due realtà che a prima vista sembrano respingersi, l’amicizia e l’obbedienza. La qualità radicale dell’essere amici è appunto la reciprocità che suppone parità: ora l’obbedienza non comporta, invece, una sorta di inferiorità rispetto all’altro che ti impone una norma? Don Giussani riesce in modo limpido a coniugare queste due virtù apparentemente in collisione tra loro. E lo fa ricordando che, pur nella sintonia, i due amici sono identità differenti, ciascuno con la sua storia, le sue esperienze, i suoi doni personali. È chiaro, allora, che proprio nella reciprocità dell’amicizia chi ha percorso più strada e ha un bagaglio più ricco di vicende deve trasmettere all’altro questo patrimonio vitale e l’altro deve accoglierlo nell’adesione dell’obbedienza. Essa non sarà segno di debolezza o di inferiorità, ma di saper accogliere un regalo, sarà un “seguire chi ti aiuta a camminare verso il destino”, cioè verso quella meta di pienezza a cui entrambi tendiamo. Anche nella Chiesa bisognerebbe saper unire l’amicizia, la fraternità, la comunione con l’obbedienza alla guida amichevole che ti è offerta» (RAVASI GIANFRANCO Breviario laico, Mondadori).