Vi presento il commento di monsignor Aiello alla Prima Lettura (Ap 21,9-14) e al Vangelo di questo sabato (Gv 1,45-51).
«Lectio Divina
Io chiudo gli occhi, tu guardami
Lettura
“Vieni, ti mostrerò la fidanzata che sarà la sposa dell’Agnello”. Comincia così la visione di Apocalisse 21 in cui si contempla la “Gerusalemme del cielo”. L’autore è depositato “su di un monte alto e grande”, forse il Monte degli Ulivi, da cui Gesù ha contemplato in lacrime la Città Santa, bella e disperata. Non è più la città storica con la sua cupola d’oro che abbaglia tra l’argento degli ulivi, ma ciò di cui era sacramento: la “Gerusalemme del cielo”, “che è nostra Madre” (cfr. Gal 4,26), che scende le scale del cielo con la solennità di una sposa che va incontro al suo Sposo. Le pietre preziose, nei loro colori limpidi e nel loro splendore, sono i tasselli del mosaico di Apocalisse, qui come altrove: “gemma preziosissima, diaspro cristallino”. La città storica è trasfigurata ed innalzata, trasformata e potenziata; la luce è l’elemento che la abbraccia e la sostiene dall’interno, in uno sgorgare e in un rifluire. Le mura danno sicurezza, sono difese da dodici angeli e aperte nei quattro punti cardinali, l’intera struttura ruota su dodici basamenti, su cui sono incisi i nomi degli Apostoli. Oggi ci fermiamo e baciamo il basamento che reca il nome “Bartolomeo”.
Meditazione
Nel Vangelo di Giovanni, nel primo capitolo, abbiamo un’azione “a catena di contagio”, scandita dal verbo “trovare”: Andrea e Giovanni trovano Gesù; Andrea trova Simone (v. 41) e «Filippo trovò Natanaele», in una corsa affannata, propria dell’amore in cui chi trova è già stato, a sua volta, trovato dal Messia o da un suo intermediario. “Sarebbe tutto perfetto, peccato che venga da Nàzaret!”, obietta Bartolomeo-Natanaèle. Filippo risponde con le stesse parole che Gesù ha utilizzato con i primi chiamati: “Vieni e vedi!”. Sogno una Chiesa dove ci siano tanti luoghi umani, tante comunità generatrici dove, senza battere ciglio, un Vescovo possa dire a un giovane: “Va” e impara da quello che vedrai!”. Gesù vede Natanaèle venirgli incontro, ma lo ha già “visto sotto il fico”, in un momento in cui il giovane pensava di essere solo. “Come mi conosci?”. “Credere non è vedere, ma essere visto” scrive Erri De Luca in “Aceto Arcobaleno”, condensando un trattato sulla fede in una semplice espressione, come solo sant’Agostino sa fare. Cadono le mura di Gèrico, le difese e i preconcetti di Bartolomeo, le sue incertezze nel credere. Chi “ha trovato” o “è stato trovato”, come un bambino perso in una fiera, non gioca più a nascondino. Ora che si sente al sicuro in uno Sguardo, può rinunciare anche alla sua pelle ed essere scuoiato per amore.
Preghiera:
Mi arrendo a te, Signore Gesù, dopo aver perso tanto tempo in discussioni inutili. Tu sai tutto di me, conosci di me stesso quello che ignoro, per questo mi abbandono al tuo Amore, che mi fa vedere cose grandi: angeli che salgono e scendono, come “pontefici” tra cielo e terra.
Agire
A qualche parente anziano, che mi abbia conosciuto bambino, chiedo di raccontarmi di me…”» (AIELLO ARTURO, Io chiudo gli occhi, tu guardami, in Messa meditazione 2024, luglio-agosto, pp. 403-404).
Il brano dell’Apocalisse ci dona un’immagine della Gerusalemme celeste, cioè della Chiesa. Il vescovo di Avellino collega tutto ciò all’apostolo che oggi festeggiamo, san Bartolomeo. Invito ognuno a riflettere sulla propria esperienza di persona trovata, conosciuta, amata, perdonata, guarita dal Signore. C’è anche un verbo un po’ cruento (“scuoiato”), che è un cenno a una tradizione relativa al martirio di san Bartolomeo. Invoco lo Spirito Santo perché aiuti ciascuno a concretizzare tutto ciò nella propria vita.