28-07-2023

Il commento di monsignor Aiello, che vi spedisco stasera, collega in modo molto originale la Prima Lettura e il Vangelo. Già il titolo è molto particolare: “Quando il dito oscura la luna”. Credo che ci sia un riferimento a un proverbio cinese: “Quando il dito indica la luna, lo stolto guarda il dito”.

Nella “meditazione” il Vescovo di Avellino attualizza la pagina del Vangelo per evidenziare l’atteggiamento sbagliato con cui ci si può accostare alla persona di Gesù e al suo messaggio. Ovviamente questo rischio riguarda ciascuno di noi. È molto significativo il paragone del pacco contenente molto denaro. A me pare che la perla più preziosa sia nell’ “Agire”: c’è una paradossale esortazione a stare dinanzi alla Bibbia non aperta, ma chiusa! Mai come questa volta meno scrivo e meglio è. Solo lo Spirito Santo ci può aiutare a spalancare mente, cuore e vita a ciò che Lui ci dona e ci chiede.

 

«Lectio Divina

Quando il dito oscura la luna

 

Lettura

La rivelazione di Dio sul Sinai è accompagnata da tutti quei segni che noi diremmo “coreografici” per raccontare un incontro e per tramandarlo ai posteri. Il popolo deve prepararsi: “lavino le loro vesti e si tengano pronti per il terzo giorno”, anche se sarà Mosè a incontrare Dio. Lampi, tuoni e una nube densa saranno i segni mattutini che è quello il giorno solenne; e il popolo dovrà avvicinarsi, ma non troppo, al Monte. Il Sinai sarà come un vulcano in eruzione: terremoto, lapilli, fumo e suono di corno fortissimo saranno i segni che Dio è sceso e Mose, a nome del popolo, può salire. Che cosa è importante in tutta questa descrizione? Dio apre un dialogo faccia a faccia con Mosè!

 

Meditazione

Molti ricorderanno il terremoto, la paura, il fumo, il suono assordante del corno, la lava incandescente che colava lungo le falde del vulcano e si lasceranno sfuggire l’essenziale: il Dio trascendente riprende a parlare con l’uomo come avveniva nel Giardino. Ho indugiato in questa riflessione per entrare nella “quaestio” delle parabole che si agita nel vangelo. “Perché a loro parli con parabole?”. Sembrerebbe, ad una lettura superficiale, che Gesù usi le parabole per nascondere, invece che per rivelare, vietando a molti l’accesso alla salvezza. Ma non può essere così! Gesù è un pedagogo eccezionale, sa parlare e farsi ascoltare, usa raccontare parabole, prendendo spunto dalle cose della vita: un pastore, una moneta perduta, un figlio allontanato che fa fatica a tornare, un campo e un seminatore. Questa modalità vivacizza e rende accessibile il messaggio che riguarda il Regno di Dio. Alcuni si avvicinano per pura curiosità, ma poi cambiano canale, altri vengono con fare sospetto a registrare con il cellulare, perché sono inviati dai capi del popolo e dai servizi segreti, molti vogliono “scroccare” pane senza andare a lavorare, ci sono dei sofisti che ascoltano solo per fare obiezioni. Cosa resterà a questi “ascoltatori smemorati”? Solo la forma: riferiranno di farina e lievito, di viti che bisogna potare più volte, di una pecora smarrita, di una vertenza sindacale avvenuta nel cortile di un fattore che a sera paga tutti allo stesso modo. Nulla sapranno del Regno e del Cuore grande del Padre. A volte anche io mi fermo alla carta e ai lustrini, con cui un pacco è confezionato, e non mi viene voglia di aprirlo. Non saprò mai che c’erano titoli del valore di cinquanta milioni di euro. E che erano per me.

 

Preghiera:

“Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano”. Dammi di comprendere, Signore, le ricchezze nascoste nella tua Parola e di distinguere i frutti dalle foglie. Possa anch’io sperimentare la beatitudine, perché i miei orecchi ascoltano e i miei occhi vedono.

 

Agire:

Oggi, nella mia preghiera personale, mi fermerò a lungo davanti alla Bibbia chiusa, per liberare la mente e il cuore, prima di aprirla. Poi aprirò e lascerò che il Signore mi parli apertamente» (Aiello Arturo, Quando il dito oscura la luna, in Messa meditazione 2023, luglio-agosto, pp. 224-225).

 

In estrema sintesi, credo che il messaggio sia il seguente: siamo messi in guardia dal rischio di fermarci a tanti aspetti secondari e di scarsa importanza e, infine, di sprecare gli immensi doni di Dio, non rendendoci conto del tesoro che è Lui e che Lui ci dona, e così trascorriamo (= sprechiamo) la vita, lamentandoci per i tanti problemi e bisogni (pur reali), dimenticando che chi veramente sta in Lui e con Lui è ricco in modo davvero smisurato.