25-08-2023

Stasera voglio concludere le riflessioni di padre Cantalamessa sulla fede con un suo commento a una frase molto importante presente sia nell’Antico sia nel Nuovo Testamento: “Il mio giusto vivrà di fede” (cfr. Ab 2, 4; Rom 1, 17). Egli applica questa frase al sacerdote, ma io credo che valga per ogni cristiano. Penso a un adolescente che vede il padre lontano dalla vita della parrocchia e dai sacramenti: quale fede questo genitore avrà testimoniato ai figli? Mi hanno colpito molto – nelle considerazioni del padre cappuccino – i riferimenti all’inganno e all’essere “al passo con i tempi”.

 

 

Ecco il pensiero di padre Cantalamessa:

«”Il mio giusto vivrà di fede”. Questo vale, a un titolo speciale, per il sacerdote: “Il mio sacerdote” – dice Dio – “vivrà di fede”. Egli è l’uomo della fede. Il peso specifico di un sacerdote è dato dalla sua fede. Egli inciderà nelle anime nella misura della sua fede. Il compito del sacerdote in mezzo al popolo, non è solo quello di distributore di sacramenti e di servizi, ma anche quello di suscitatore e testimone della fede. Egli sarà veramente uno che guida, che trascina, nella misura con cui crederà e avrà ceduto la sua libertà a Dio, come Maria. Il grande essenziale segno, ciò che i fedeli colgono immediatamente in un sacerdote è se “ci crede”: se crede in ciò che dice e in ciò che celebra. Chi dal sacerdote cerca anzitutto Dio, se ne accorge subito; chi non cerca da lui Dio, può essere facilmente tratto in inganno e indurre in inganno lo stesso sacerdote, facendolo sentire importante, brillante, al passo coi tempi, mentre, in realtà, è anche lui, un uomo vuoto. Perfino il non credente che si accosta al sacerdote in uno spirito di ricerca, capisce subito la differenza. Quello che lo provocherà e che potrà metterlo salutarmente in crisi, non sono in genere le più dotte discussioni della fede, ma la semplice fede. La fede è contagiosa. Come non si contrae contagio, sentendo solo parlare di un virus o studiandolo, ma venendone a contatto, così è con la fede. La forza di un servitore di Dio è proporzionata alla forza della sua fede. A volte si soffre e magari ci si lamenta in preghiera con Dio, perché la gente abbandona la Chiesa, non lascia il peccato, perché parliamo, parliamo, e non succede niente. Un giorno gli apostoli tentarono di cacciare il demonio da un povero ragazzo, ma senza riuscirvi. Dopo che Gesù ebbe cacciato Lui, lo spirito cattivo dal ragazzo, si accostarono a Gesù in disparte e gli chiesero: “Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo?” E Gesù rispose: “Per la vostra poca fede” (cfr. Mt 17, 19-20). Ogni volta che, dinanzi ad un insuccesso pastorale o a un’anima che si allontanava da me senza essere riuscito ad aiutarla, ho sentito affiorare in me quella domanda degli apostoli: “Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo?” Ho sentito rispondermi anch’io nell’intimo: “Per la tua poca fede”. E ho taciuto» (Raniero Cantalamessa, Maria. Uno specchio per la Chiesa, Ancora, Milano 1990, pp. 63-64).

 

Do a voi lo stesso consiglio che do a me: tornare spesso su queste parole per una profonda verifica spirituale. Non si tratta ovviamente di giudicare i sacerdoti, ma di pregare per loro. Sottolineo ancora che tutti (i coniugi anzitutto) devono testimoniare la fede. Penso che sia bene riflettere anche su un’altra espressione: “cedere la libertà a Dio, come Maria”: ecco il legame tra fede e vita, di cui oggi si parla molto poco.

Sono certo che anche il distacco del sacerdote dal denaro (penso alle parrocchie in cui occorre pagare per i sacramenti, per i certificati, per le benedizioni e perfino per il catechismo), il celibato e l’obbedienza dipendono soprattutto dalla fede.

 

Quasi ogni giorno mi giungono richieste di preghiera. Oggi mi è stato chiesto di pregare per Michele, che ha subito un grave incidente. Spero tanto che in molti vi stiate avvicinando alla la Liturgia delle ore: un ottimo modo per pregare: chiedere, ma soprattutto lodare.