20-07-2023

Anche il brano del Vangelo di oggi lo abbiamo ascoltato e meditato lo scorso 9 luglio. È l’occasione preziosa per riflettere sull’importanza del “cuore” (sia quello di Gesù sia il nostro, che poi ha a che fare in modo molto profondo col grande tema della coscienza; vi segnalo tutto il cap. IX del Manuale, in particolare, le pp. 390-396). Inoltre, non possiamo non chiederci ancora come intendiamo e come viviamo l’umiltà. Non ho la minima esitazione nel presentarvi di nuovo la meditazione di mons. Aiello, perché è come al solito caratterizzata da profondità e originalità. Tra l’altro, ci aiuta a riflettere su due grandi categorie: gli “stanchi” e gli “oppressi”.

 

«Lectio Divina

È un “gioco” il suo giogo

Lettura

Il brano evangelico odierno segue immediatamente quello di ieri, dove la platea degli ascoltatori di Gesù era formata da poveri e derelitti: i piccoli. Oggi continua a parlare a loro: a questo esercito di straccioni e provati dalla vita Gesù rivolge un invito ad avvicinarsi ulteriormente, depositando sul suo cuore i loro fardelli. Forse essi hanno timore di farsi avanti, ma Gesù fa intendere che la sua festa è proprio per loro e per tutti gli scarti della storia. “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro”. C’è davvero da fidarsi di questo Maestro?

 

Meditazione

C’è posto anche per te in prima fila, tra gli stanchi e gli oppressi della storia. Partiamo dagli “stanchi”. La “stanchezza” riguarda la fatica dell’andare di porta in porta, di bussare elemosinando ciò che sarebbe dovuto e che renderebbe il mondo più bello. A volte, la stanchezza del corpo come del cuore si accumula in casa, tra le mura domestiche che dovrebbero proteggerci e che, invece, diventano scenari di deserti infiniti da attraversare senza un saluto, senza un “grazie” per i mille servizi resi, senza la dolcezza di uno sguardo, di un sorriso che ci ripaghi di tanta fatica. Soprattutto la sera, la stanchezza si accumula sulle spalle ed è come se si desse appuntamento con il calare delle ombre. A volte non è solo la fatica di quel giorno, ma è come se convergessero tutte le incomprensioni e le pene di una vita, magari anche un’ingiustizia subita da bambini. Se va bene, ci sono lacrime da versare in silenzio davanti a una finestra oscura. Passiamo ora agli “oppressi”: essi rappresentano coloro sul cui cuore tutto ricade, la grande stanza dove si accumulano le amarezze e le incomprensioni, ma anche tutte le schiavitù di ieri e di oggi, di chi deve elemosinare un diritto come fosse una gentile concessione. Mi sento dentro questo mare di gente, che va portando fardelli da depositare sul Cuore di Cristo che tutto assume, tutto prende e trasfigura. In cambio dei pesi, riceviamo il suo giogo che è dolce, prezioso come un collier tempestato di pietre preziose, leggero come un laccio d’argento, che incornicia il nostro volto. È un segno di appartenenza e di salvezza, una bandiera di vittoria, un grido di gioia dopo tante prove e lamenti. Non temere di accostarti a Gesù, è Lui il tuo Salvatore, l’Amore che hai inutilmente cercato in tanti abbracci.

 

Preghiera:

Tu ci sei necessario, o Cristo, o Signore, o Dio con noi, per imparare l’amore vero e camminare nella gioia e nella forza della tua carità, lungo il cammino della nostra vita faticosa, fino all’incontro finale con te amato, con te atteso, con te benedetto nei secoli (san Paolo VI).

 

Agire:

Se nella mia città o nel mio quartiere conosco un barbone, oggi andrò da lui, non per portargli cibo o vestiti, ma fermandomi a parlare con lui, ascoltando quello che porta davvero nel suo cuore (Aiello Arturo, È un “gioco” il suo giogo, in Messa meditazione 2023, luglio-agosto, pp. 174-175).

 

Da un lato, possiamo chiederci se e come ci lasciamo consolare dal Signore; la frase “è Lui il tuo Salvatore, l’Amore che hai inutilmente cercato in tanti abbracci” mi è sembrata davvero enorme!

Dall’altro lato, possiamo riflettere su 2 Cor 1,3-4.

Anche la “preghiera” e l’ “agire” sono immensi doni per la nostra crescita spirituale.