17-10-2023

Ieri accennavo al recente pellegrinaggio in Francia. Chiedo al Signore il dono di non sprecare gli immensi doni ricevuti in questa occasione. Tra i doni più belli ci sono certamente le tante persone che ho avuto la gioia, anzi l’onore, di conoscere. Anche in città diverse è rimasto un vincolo molto bello nel Signore.

Siccome ieri sera ci siamo soffermati su santa Margherita Maria Alacoque, stasera mi sembra quasi obbligatorio passare alla persona che, credo, sia stato a lei più vicino (a parte ovviamente, il Signore!): Claudio La Colombière. Egli fu canonizzato il 31 maggio 1992, perciò ho cercato sul sito del Vaticano l’omelia pronunciata in tale occasione da san Giovanni Paolo II. Purtroppo la maggior parte dell’omelia è riportata in francese (la lingua in cui il Papa pronunciò buona parte del discorso). Sono riuscito a trovare la traduzione in italiano. Dal momento che è piuttosto lunga, ho pensato di proporvela …a puntate. Spero tanto che sia io sia voi possiamo meditarla in profondità e applicarla al nostro modo di vivere la fede.

Papa Wojtyla inizia citando il Vangelo, poi passa a trattare rapidamente ciò che accadde in Francia nel XVII secolo, infine illustra la vita e la spiritualità di san Claudio. Forse l’aspetto più bello dell’omelia è quando il Papa cita direttamente gli scritti di questo sacerdote santo.

 

«“Perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi” (Gv 17, 26).

  1. Cristo prega nel cenacolo. Prega nella sera, in cui ha istituito l’Eucaristia. Prega per gli Apostoli e per tutti coloro “che per la loro parola crederanno” (Ibid. 17, 20) lungo le generazioni e i secoli. Chiede al Padre che tutti “siano una cosa sola”, così come il Padre è col Figlio e il Figlio col Padre: “Siano anch’essi in noi una cosa sola” (Ibid. 17, 21).

Una cosa sola: l’unità della Divinità e l’unità di comunione delle Persone – unità del Padre col Figlio e del Figlio col Padre nello Spirito Santo. L’unità mediante l’Amore.

Cristo prega per l’amore: “Perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro” (Ibid. 7, 26). Cristo rivela il segreto del suo Cuore. Proprio questo Cuore umano del Figlio di Dio è un ineffabile santuario che contiene tutti i tesori dell’amore: è un Cuore “traboccante di bontà e di amore” («Litaniae S. Cordis Iesus»).

  1. La preghiera pronunciata da Cristo nel cenacolo continua nella Chiesa: di secolo in secolo, di generazione in generazione – essa costituisce una perenne “fonte di vita e di santità” (Ibid.). Ma nella storia ci sono momenti particolari, luoghi e persone prescelte che quasi di nuovo scoprono e di nuovo rivelano tale perenne e intramontabile verità sull’amore.

L’uomo che la Chiesa oggi proclama santo – il Beato Claude La Colombière – è senz’altro una di queste persone.

  1. In Francia il XVII secolo è stato chiamato “il secolo delle anime”. È stato un periodo di alta cultura umana, di sviluppo delle istituzioni di questo paese prestigioso in Europa. Ma è stato anche un periodo di crudeli conflitti e di povertà della gente. Il clero e gli ordini religiosi erano spesso in decadenza; per questo il popolo resta lontano dalle luci della fede, dai benefici della vita spirituale e della comunità ecclesiale. Tuttavia, grazie al Concilio di Trento, grazie ai fondatori che furono San Francesco di Sales, Bérulle o San Vincenzo de’ Paoli, un intenso movimento spirituale anima la Chiesa in Francia. Si assiste a una grande attività riformatrice: il ministero sacerdotale è rinnovato, soprattutto con la creazione di seminari; i religiosi ritornano all’autenticità della loro vocazione, nuove fondazioni vedono la luce; l’evangelizzazione delle campagne prende un nuovo slancio con le missioni parrocchiali; alla riflessione teologica si associa una fioritura mistica.

Nel cuore di questo secolo visse Claudio La Colombière, entrato da giovane nella Compagnia di Gesù. Essa esercita la sua missione a Parigi come in molte province; ha una notevole influenza attraverso la sua attività intellettuale e, più ancora, attraverso il dinamismo della vita cristiana che sa comunicare.

  1. Vero compagno di Sant’Ignazio, Claudio impara a educare la sua forte sensibilità. Conserva umilmente il senso della “sua miseria” per appoggiarsi solo sulla sua speranza in Dio e sulla sua fede nella grazia. Prende risolutamente la via della santità. Aderisce con tutto il suo essere alle Costituzioni e alle Regole dell’istituto, rifiutando ogni titubanza. Fedeltà e ubbidienza si traducono davanti a Dio nel “desiderio […] di fede e di amore, di rinuncia e di sacrificio perfetto” (Ritiro, n. 28).

Padre Claudio ha forgiato la sua spiritualità alla scuola degli Esercizi. Ci è rimasto il suo impressionante diario. Innanzitutto si consacra a “meditare la vita di Gesù Cristo che è il modello della nostra” (Ibidem, n. 33). Contemplare Cristo permette di vivere in familiarità con lui per appartenergli totalmente: “Mi accorgo che bisogna assolutamente che io sia suo” (Ibidem, n. 71). E se Claudio osa tendere a questa fedeltà totale, è in virtù del suo acuto senso della potenza della grazia che lo trasforma. Egli arriva alla perfetta libertà di colui che si rimette senza riserve alla volontà di Dio. “Ho un cuore libero” dice (Ibidem, n. 12): prove o sacrifici, egli li accetta “pensando che Dio esige questo da noi solo per amicizia” (Ibidem, n. 38). Tutto il suo gusto dell’amicizia lo conduce a rispondere all’amicizia di Dio, in uno slancio d’amore rinnovato ogni giorno. Padre La Colombière si impegna nell’apostolato con la convinzione di essere uno strumento dell’opera di Dio: “Per fare molto per Dio bisogna essere tutto suo” (Ibidem, n. 37). La preghiera, dice ancora, è “l’unico mezzo […] perché Dio si unisca a noi per fare qualcosa per la sua gloria” (Ibidem, n. 52). Nell’apostolato i frutti e il successo non vengono tanto dalle facoltà delle persone quanto piuttosto della fedeltà alla volontà divina e dalla trasparenza alla sua azione» (Giovanni Paolo II, Omelia, 31 maggio 1992).