10-10-2023

Sempre in riferimento al Vangelo della s. Messa di domenica, quando nel Vangelo leggo la parola “frutti, portare frutti”, penso subito a una delle più belle omelie mai pronunciate. Non so quante volte l’ho citata. Si tratta di ciò che disse Joseph Ratzinger il 18 aprile 2005 a tutti i cardinali il giorno prima di essere eletto papa.

Ecco cosa disse commentando Gv 15,9-17, verso la fine dell’omelia (chi vuole leggerla per intero è sufficiente che visiti il sito del Vaticano).

 

«L’altro elemento del Vangelo – cui volevo accennare – è il discorso di Gesù sul portare frutto: “Vi ho costituito perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15, 16). Appare qui il dinamismo dell’esistenza del cristiano, dell’apostolo: vi ho costituito perché andiate… Dobbiamo essere animati da una santa inquietudine: l’inquietudine di portare a tutti il dono della fede, dell’amicizia con Cristo. In verità, l’amore, l’amicizia di Dio ci è stata data perché arrivi anche agli altri. Abbiamo ricevuto la fede per donarla ad altri – siamo sacerdoti per servire altri. E dobbiamo portare un frutto che rimanga. Tutti gli uomini vogliono lasciare una traccia che rimanga. Ma che cosa rimane? Il denaro no. Anche gli edifici non rimangono; i libri nemmeno. Dopo un certo tempo, più o meno lungo, tutte queste cose scompaiono. L’unica cosa, che rimane in eterno, è l’anima umana, l’uomo creato da Dio per l’eternità. Il frutto che rimane è perciò quanto abbiamo seminato nelle anime umane – l’amore, la conoscenza; il gesto capace di toccare il cuore; la parola che apre l’anima alla gioia del Signore. Allora andiamo e preghiamo il Signore, perché ci aiuti a portare frutto, un frutto che rimane. Solo così la terra viene cambiata da valle di lacrime in giardino di Dio» (Joseph Ratzinger, 18-4-2005).