07-09-2023

Mi pare che il brano del Vangelo di oggi (Lc 5,1-11) ci faccia riflettere proprio sui temi che abbiamo considerato negli ultimi giorni. San Pietro nell’episodio della pesca miracolosa vive l’incontro con Gesù, la conversione, la rinuncia, la sequela. Nei giorni scorsi abbiamo riflettuto sull’offerta, sul dono di sé. In un certo senso, Pietro dona quel poco che ha: è la sua conversione a Gesù, al Vangelo.

Io credo che nella vita cristiana abbiano un’importanza estrema la conversione e la santità. Nel Manuale tratto il rapporto tra conversione e santità nel capitolo II (§5.3) e nel cap. XII (Conclusione).

Ora, rifacendomi appunto al mio Manuale, vi riporto il pensiero di padre Lallemant, un padre gesuita di grande valore vissuto nel Seicento. Egli scrive per i religiosi, ma ovviamente sono riflessioni valide per tutti coloro che vogliono seguire Gesù in modo serio e non tipo “cristiani della domenica”.

 

«Un altro aspetto essenziale della santità è indubbiamente la conversione. Resta però una domanda strana: quale conversione? Certamente non la prima! Gli apostoli dovettero sicuramente convertirsi per lasciare tutto e seguire il Signore, ma emerge in modo chiarissimo dai Vangeli che tutto erano tranne che santi, tanto che arrivarono a tradire, rinnegare o semplicemente abbandonare il Signore. Ecco che la santità dipende non dalla prima, ma dalla seconda conversione. Fa molto riflettere quanto scrive padre Louis Lallemant.

 

“Nella maggior parte dei Santi e dei religiosi che arrivano alla perfezione sono due le conversioni che si riscontrano: la prima quando si decidono al servizio di Dio; la seconda quando si consacrano interamente alla perfezione. Lo possiamo vedere negli Apostoli, la prima quando Nostro Signore li chiamò, la seconda quando inviò lo Spirito Santo; e anche in s. Teresa, nel p. Alvarez suo confessore e in molti altri. Purtroppo questa seconda conversione non avviene in tutti i religiosi, ma la causa sta tutta nella loro negligenza”» (Manuale p. 103. Cfr. Louis Lallemant, La dottrina spirituale, Àncora-Piemme, Casale Monferrato 1984, p. 100).

 

A questo punto occorre chiarire una questione di importanza fondamentale: come e quando si passa dalla prima alla seconda conversione? Cosa ci può ostacolare in tale passaggio? Riporto ancora una pagina del mio libro:

 

«Le seguenti considerazioni di padre Lallemant ci fanno riflettere sulla lotta interiore, sulla ricerca della felicità, sulla poca fiducia che spesso l’uomo ha nei confronti di Dio, il quale vuole donarci addirittura se stesso, ma chiede umiltà e disponibilità.

 

“Noi ondeggiamo anni interi e a volte anche tutta la vita nella indecisione di consacrarci interamente a Dio. Non possiamo indurci a fare il sacrificio completo. Ci riserviamo affetti, disegni, desideri, speranze, pretese, di cui non ci vogliamo spogliare per timore di trovarci in quella perfetta nudità di spirito, la quale è prerequisito indispensabile per essere pienamente posseduti da Dio. […] C’è un passo da varcare e l’ardire manca. Per paura di diventare infelici, restiamo sempre infelici, rifiutando di donarci senza limitazione a quel Dio che ci vuole possedere unicamente per liberarci dalla nostra infelicità e miseria”» (Manuale, p. 548. Cfr. Louis Lallemant, La dottrina spirituale, p. 73).

 

Credo che pochi temi siano importanti come questi: la ricerca della vera felicità, il fidarsi di Dio, il fare veramente in tutto la sua volontà. C’è sempre il rischio di bloccarci in continui compromessi, mentre dovremmo essere davvero generosi e disponibili. Ognuno stasera chieda al Signore di capire cosa deve fare per offrirsi del tutto a Lui. La cosa peggiore è rinviare sempre. La forza ce la dona Lui… se gliela chiediamo!